Londra, 12 dicembre 2012

Londra, 12 dicembre 2012 Egregio artista, ti ringrazio per la premura con cui mi hai risposto. Nella tua lettera c’era una sincera preoccupazione per il mio stato di salute ma voglio tranquillizzarti, sto bene e stamattina sono uscita finalmente da casa nonostante il freddo pungente. Mi chiedi anche informazioni su Victor e su questo purtroppo non posso dirti di più. Noto che quell’essere misterioso ha intricato anche te e per quanto non sia un’esperta in materia, devo comunque dedurre che ci troviamo di fronte a una mente geniale a un abile artista, visto il tuo interessamento e la tua curiosità. Credo di averti già accennato a un episodio avvenuto qualche mese fa, in seguito al quale Victor si è fatto più arrendevole e malleabile. Le prime volte che mi recavo al parco avevo preso l’abitudine di consumare la mia colazione sempre sulla stessa panchina dove avevo uno scorcio abbastanza spettacolare del lago. Victor era sempre lì e per giorni e giorni non ho visto altro che le sue spalle, i suoi capelli raccolti in una coda e il suo inseparabile cavalletto. C’era anche Leda, un incrocio di mille razze di cane, l’unica che mi veniva incontro festosa e che notava la mia presenza. C’erano giorni in cui mi trattenevo per l’intera mattinata a scrivere e per tutto il tempo Victor dipingeva, senza mai voltarsi, ogni tanto scorgevo il suo profilo, quando si voltava per frugare nella sua borsa o per recuperare una nuova tela. Dopo un paio di settimana Leda aveva preso ad aspettarmi all’imbocco del vialetto e per ricompensarla le regalavo una metà del mio cornetto. Col passare dei giorni mi è sembrato sempre più scorretto escludere Victor da questo quadretto ma sono una persona molto timida e allora mi limitavo a comprare un cornetto in più e a lasciarglielo a disposizione sulla panchina vicina alla sua postazione di lavoro. Non si è mai voltato a prenderlo, né si è mai degnato di lanciare uno sguardo in quella direzione, non fosse altro che per curiosità. La storia si è ripetuta identica per quasi due mesi fino a quella mattina dell’incidente. Ero scesa come al solito di buon’ora per recarmi al parco e come d’abitudine mi ero recata dal panettiere per acquistare i soliti cornetti. Appena imboccata la strada, ho visto Leda venirmi incontro in preda a un’agitazione insolita. Preoccupata, sono entrata nella panetteria e qui il proprietario mi ha informato di quanto era successo la sera prima. Il piccolo negozio, credo di avertelo già detto, è a soli due passi dal parco e quando il proprietario ha visto una piccola folla radunarsi in prossimità del viale d’accesso, è uscito a vedere che cosa stava succedendo. «Il pittore! Signorina, meno male che lei non c’era altrimenti, le sarebbe venuto un colpo. Era accasciato sulla strada privo di sensi, bianco come un cadavere e con tutte le tele sparpagliate a terra! Ho chiamato subito il Pronto Soccorso e dopo una ventina di minuti è arrivata l’ambulanza e se lo sono caricati sopra. Questa povera cagnetta era disperata, ho dovuto bloccarla con tutte le mie forze altrimenti avrebbe inseguito l’ambulanza e con il traffico che c’è in questa zona, sicuramente poteva succedere una tragedia. Alla fine ho raccolto tutta la roba sparpagliata a terra, ho convito il cane a seguirmi e ho portato tutto nella mia bottega.» «Sì, ma adesso dov’è? Non sa in quale ospedale l’hanno ricoverato?» «Non lo so, credo che l’abbiano portato al Charing Cross Hospital, è quello più vicino! Forse conviene fare una telefonata.» Alla fine siamo riusciti ad avere notizie di Victor, l’ospedale era quello e al Pronto Soccorso ci hanno confermato di avere soccorso la notte prima un artista che si era sentito male al parco. Dopo enormi sforzi siamo riusciti a parlare con il medico che l’aveva visitato, per telefono erano molto restii a dare informazioni, sempre per quel fastidioso discorso della privacy. Il dottore ci ha rassicurato dicendoci che il paziente aveva solo avuto un forte calo di pressione e che ora stava già meglio. Se tutto proseguiva liscio l’avrebbero dimesso il giorno dopo. Ho chiesto in quale reparto fosse ricoverato e qui il medico ha un po’ tentennato dicendomi che se la mia intenzione era di fargli una visita era meglio lasciar stare, il paziente non era un soggetto facile. Dire che Victor non è un soggetto facile vuol dire usare un eufemismo. Mi sono arresa ma ho detto al medico di comunicargli che i suoi lavori e il suo cane erano in ottime mani. Conclusa la telefonata ho imbracato alla meglio Leda con un cordino fornitomi dal panettiere e sono tornata a casa in compagnia del cane. Per tutta la giornata Leda non si è mossa dalla porta d’ingresso, non ha voluto mangiare e di tanto in tanto lanciava un triste ululato con il muso rivolto al soffitto. Faceva male al cuore vederla così disperata ma non potevo fare altro. Verso sera le ho rimesso l’improvvisata imbracatura e mi sono incamminata verso il parco nella speranza di distrarla dalla sua ossessione. Passando davanti alla panetteria ho salutato il proprietario che mi ha bloccato immediatamente comunicandomi che il pittore era appena stato da lui per recuperare le tele e preoccupato soprattutto di ritrovare Leda. Alla notizia che il cane era con me, se ne era andato un po’ imbronciato per la sua strada. «Signorina, non mi ha nemmeno ringraziato! Quel tipo è davvero matto!» Leda intanto, tirava come una matta in direzione del parco ed io non potevo fare altro che seguirla. Mi ha trascinato prima alla consueta postazione di lavoro del suo padrone, poi, trovandola deserta, ha ripreso a tirare verso un punto preciso a ridosso del lago. Mi sono lasciata condurre e dopo una ventina di minuti a passo sostenuto si è fermata tutta ansiosa davanti al portone di un anonimo condominio. La porta ovviamente era chiusa e non conoscendo il nome di Victor ho provato a bussare al primo campanello di una serie di almeno venti cognomi. Fortunatamente non ha risposto nessuno ma sono riuscita a entrare ugualmente perché proprio in quel momento il portone si è aperto e ne è uscito un ragazzino dall’aria frettolosa che mi ha superato senza degnarmi di uno sguardo. Leda intanto, si era già fiondata sulle scale ignorando l’ascensore e si era arrestata tutta eccitata davanti a una porta del primo piano sprovvista, ovviamente, della targhetta con il cognome. Non ho avuto nemmeno il tempo di chiedermi se suonare o no che la cagnetta ha iniziato ad abbaiare contro la porta chiusa. Tempo qualche secondo e l’ingresso si è spalancato sul viso per niente sorpreso di Victor, sembrava quasi che ci stesse aspettando. Leda, ovviamente, l’ha travolto, felice e ansiosa, lui non è riuscito a nascondere del tutto l’emozione, anche se percepivo nettamente il senso di fastidio che la mia intrusione gli provocava. Mentre Victor cercava di liberarla dal mio guinzaglio improvvisato, ne ho approfittato per sbirciare un po’ all’interno. In quei pochi secondi che ho avuto a diposizione, i miei occhi non hanno catturato un solo spazio vuoto, tutto l’ambiente era occupato da cataste di libri e quadri, l’aria era satura dell’odore di trementina e la luce regnava sovrana, come se quel salone, che sembrava immenso, non avesse pareti. Victor era vestito come al solito anche se senza il suo pennello sembrava più vulnerabile e fragile. «Le ho riportato il suo cane, anzi è lei che mi ha portato qui …» Victor aveva semplicemente annuito e c’era sempre quell’ombra di fastidio nei suoi occhi. La visita ovviamente era finita, inutile sperare in un invito a entrare, magari solo per un caffè. Mi sono stretta nelle spalle e ho ripreso le scale mentre la porta si chiudeva delicatamente dietro le mie spalle. Sul momento mi sono sentita affranta e delusa, ancora una volta ero esclusa da un mondo di affetti cui mi ero illusa di appartenere. In seguito mi sono adeguata anche perché dopo quel giorno Victor è diventato più abbordabile, ha iniziato a salutarmi, anche se solo con un cenno del capo, e a mangiare la colazione che gli portavo. Il mistero però è rimasto sempre fitto e oscuro, certamente non è un vagabondo, possiede una casa, non lussuosa e senza cognome, ma è pur sempre un posto, dove la notte va a riposare. La presenza di tutti quei libri mi ha confermato che è un uomo di cultura, oltre a dipingere ama leggere e informarsi, ma più di questo non sono in grado di dirti. I suoi quadri parlano di una persona rigorosa e ordinata, i colori sfumati e tenui lasciano intuire una profondità d’animo notevole, una sensibilità che male si sposa con i suoi modi burberi e chiusi. È chiaro che potrei sbagliarmi, come critico d’arte, l’avrai capito, non valgo molto, ma sono una scrittrice, osservo, scruto, studio chi mi trovo di fronte e so di essere molto brava, anche se ancora nessuno se ne accorge. Ora ti saluto e aspetto tue nuove.