Londra, 9 novembre 2012

Londra, 9 novembre 2012 Egregio artista, oggi Londra si è svegliata sotto una coltre spessa di nuvole grigie. Verso le sei a casa ho sentito accendersi i riscaldamenti, segno che la temperatura si è abbassata e il ticchettio della pioggia mi ha accompagnato tutta la notte. Alle nove sono scesa con una stampa del tuo dipinto diretta al parco, prima sono passata per la panetteria e ho comprato i soliti tre croissant e una baguette. Il forno dove mi servo abitualmente li fa molti simili a quelli francesi e poi il proprietario è una brava persona, sa per chi li compro e allora mi fa un notevole sconto. In borsa avevo già il termos con il latte e caffè caldo e la porzione di cibo per Leda. Da quando Victor si è degnato di accettare la mia colazione all’italiana, Leda rimaneva sempre a bocca asciutta, prima croissant e baguette finivano in buona parte nello stomaco del cane, la mia porzione era equamente divisa con le anatre del lago. Queste ultime dovevano mangiare velocemente il loro pasto perché di lì a poco sarebbe giunto sua maestà il cigno a prendere possesso del territorio. Sono in tanti quelli che di primo mattino si recano al parco con i sacchetti carichi di briciole, le anatre ormai riconoscono i frequentatori abituali e quando li vedono arrivare si avvicinano a riva, veloci e avide, mentre tutta una moltitudine di passeri si dispone a debita distanza sulla terraferma per beccare le briciole sfuggite durante il lancio. Quando guardai la scena la prima volta, ne rimasi incantata, per lo più sono persone anziane che si avvicinano lentamente sulle rive del lago, si siedono su una delle tante panchine, aprono il sacchetto e ritmicamente iniziano a lanciare il loro cibo. C’è un notevole contrasto tra la lentezza con cui il visitatore si muove e la frenesia delle anatre nel lago e spesso si azzuffano per un pezzo di pane un po’ più sostanzioso, ma alla fine tutte se ne vanno soddisfatte alla ricerca del prossimo benefattore. Quando arriva il cigno, la scena si fa completamente diversa. Prima che tu lo veda arrivare, le anatre già lo sentono avvicinarsi e scappano via. Di colpo il lago si fa silenzioso e deserto, le acque ritornano calme e compare lui, maestoso e bianco. Non si affretta, avanza lentamente, tanto sa che il territorio gli appartiene, è il capo indiscusso, non deve lottare. Anche se il cigno piace a molti, io lo trovo parecchio antipatico, è prepotente e arrogante e trovo ingiusto che la gente lo preferisca solo perché più sinuoso ed elegante delle piccole anatre. Questa riflessione mi riporta alla vanità della spada, forse era questo il messaggio che volevi lanciare, la prepotenza del più forte, la vanità che si fa arma per avanzare. Ho ancora molti dubbi, sento che mi sfugge qualcosa. Quando arrivo alla postazione di Victor, Leda mi viene incontro festosa mentre lui continua a dipingere sotto il grosso ombrello che porta sempre nelle giornate di pioggia. Sa che sono arrivata ma non si volta nemmeno e non risponde al mio saluto. Ormai non ci faccio più caso, è fatto così, prendere o lasciare. Faccio mangiare Leda e gli lascio silenziosamente il termos e la colazione vicino al cavalletto, al riparo dalla pioggia. Mentre mangio lentamente il mio cornetto, osservo il suo nuovo quadro. È appena abbozzato, s’intuisce il cielo grigio e le acque immobili del lago, ancora nessun cigno, i pennelli sono quasi tutti puliti e il tubetto del bianco non è stato ancora aperto. Non c’è un alito di vento, l’aria è immobile e l’umidità attacca ogni singola cellula del corpo. Ci sono pochi visitatori, è una delle prime giornate fredde, pensionati e casalinghe se la sono presa comoda, il resto dell’umanità è già rinchiuso nei vari uffici o persa nel traffico londinese. Anche Victor appare svogliato, dopo qualche minuto lascia la sua tela e si decide a prendere un cornetto ancora caldo. Mentre gli verso un po’ di latte e caffè, mangia lentamente, lo sguardo sempre perso in un orizzonte che, evidentemente, io non riesco a vedere. Qualche anatra si è avvicinata incerta e i primi passerotti si avventurano timidi verso il sacchetto con la baghette ancora intatta. Ne prendo un pezzetto e lo divido equamente tra la solitaria anatra e lo sparuto gruppo di passerotti ancora intirizziti dal freddo. Provo il primo approccio. «Sai il dipinto che ti ho mostrato? L’autore mi ha poi risposto …» Victor continua a mangiare, distratto e assente. Forse è ancora geloso e allora provo a ridimensionare la tua opera cercando di farmi perdonare. «Ho studiato un po’ meglio il dipinto. In effetti, Leda mi somiglia ben poco e poi anche la scena non ha niente di originale, il soggetto è stato già sfruttato in molti quadri …» Victor non mi lascia nemmeno finire. «Ecco cosa si rischia a far circolare le opere! La gente osserva, parla, dà giudizi … siete come dei bulldozer, distruggete tutto al vostro passaggio!» Per poco non mi strozzavo con il cornetto. Che cosa avevo potuto mai dire in due parole da irritarlo tanto? Victor aveva bevuto il suo latte e caffè con rabbia e frustrazione, poi mi aveva rivolto uno sguardo di fuoco. «Hai analizzato quel quadro? Bene! E che cosa hai visto? La modella che non ti somiglia, la banalità del soggetto, magari avrai anche pensato che quei colori si abbinavano bene nella tua stanza da letto! Complimenti, sei proprio brava! Se tutti guardassero come guardi tu, l’arte sarebbe morta miseramente e gli artisti girerebbero come pazzi furiosi per le strade del mondo!» Victor era proprio arrabbiato ed io non riuscivo a seguirlo. In fondo l’altro giorno aveva dato solo un’occhiata frettolosa al tuo dipinto, che cosa aveva visto che a me era così clamorosamente sfuggito? Gli avevo concesso qualche minuto per riprendersi dal suo turbamento, poi avevo recuperato dalla borsa l’immagine stampata di “Leda e il cigno” e gliel’avevo ficcata di prepotenza sotto il naso. «Spiegami tu come va letto questo quadro. E poi non è vero che ho notato solo la modella, mi sono chiesta il significato di quell’asso di spada, perché la vanità della spada e ho notato l’armonia con cui è diviso lo spazio.» Victor mi ha guardato con un sorriso sornione stampato sulle labbra, poi ha continuato a sorseggiare il suo caffè con gli occhi brillanti per l’eccitazione. L’avevo catturato e ne ero felicissima! Intorno a noi si era fatto tutto silenzioso, anche i passeri erano volati via in cerca di altro cibo e le acque del lago erano ritornate immobili. Anche la pioggia aveva dato un attimo di tregua ma le nubi incombevano minacciose mentre l’aria rimaneva fredda e umida. Victor si era liberato del grosso ombrello, aveva poggiato l’immagine stampata sul piccolo tavolino dei colori e mi aveva fatto posto sulla panca umida invitandomi a sedere. «Allora, iniziamo a dire che il dipinto non si chiama “Leda e il cigno”, ma “Leda e il cigno e la vanità della spada”. Questo già lo rende diverso da tutte le altre interpretazioni. Quando ti trovi di fronte a un dipinto, devi chiederti dove si posano immediatamente i tuoi occhi.» Victor mi aveva guardato paziente mentre io non sapevo cosa fare. «Coraggio, guarda questo quadro! Cos’è che ti colpisce immediatamente?» «Non saprei … la scena, il cigno che cerca l’unione con la donna …» «Ma no! Non guardare così come guarderesti una vetrina! Che cosa cattura il tuo sguardo come una calamita? Non devi rifletterci molto, segui il tuo istinto!» «L’occhio, l’occhio del cigno. Guarda direttamente nei miei occhi ed è sfacciato e impudente.»[singlepic id=16 w=320 h=240 float=] Victor aveva sorriso e quel sorriso l’aveva trasformato. Non avevo più di fronte un vecchio scorbutico e nevrotico, sembrava essere ringiovanito di vent’anni e nei suoi occhi brillava tutta l’intelligenza che io avevo solo intuito. «Già, l’occhio è il punto focale del dipinto. Hai detto di aver notato un’armonia nella suddivisione degli spazi?» «Sì, quasi una suddivisione geometrica.» «Bene, allora prova a tracciare un triangolo equilatero il cui vertice coincida proprio con l’occhio del cigno. Quali sono gli altri due punti di congiunzione delle rette?» Ci avevo provato, poi avevo guardato meravigliata quel vecchio pazzo. Victor aveva nuovamente sorriso ed io l’avrei riempito di baci. «L’asso di spada e le uova. Se il nostro artista non ha giocato col caso, cosa di cui sono convinto, quel triangolo è stato volutamente creato per evidenziare le altre due chiavi di lettura. L’asso di spada è posto in prossimità del sesso femminile e le uova in prossimità del seno. La spada rappresenta l’unione carnale e le uova il senso materno. La divinità ha soddisfatto la sua lussuria rendendo Leda madre per sempre.» Ero rimasta a bocca aperta. Come potevo essere stata così cieca? Victor aveva avvicinato il disegno per osservarlo meglio, dopo qualche minuto aveva allargato le braccia assumendo di colpo un’aria vulnerabile e infantile. «Vedi com’è evidente! Che importanza può mai avere il volto, i capelli, il corpo della modella! Naturalmente Leda doveva essere una bella donna, altrimenti Zeus non si sarebbe preso tanto disturbo, ma non è quello il messaggio che l’artista vuole trasmettere.» «Vuoi dirmi che la vanità c’entra in qualche modo con l’arroganza del dio che prende ciò che vuole?» «Quello e tanto altro ancora! Zeus in fin dei conti non esiste se non nell’immaginario dell’uomo, così come esistono Dio e tutte le altre entità ultraterrene. È l’uomo che le ha create per giustificare i suoi limiti. È sempre l’uomo che, nella sua arroganza, nella sua onnipotenza, ha cercato di porre una pezza laddove la sua natura terrena era fallace. È la vanità del dio, dell’uomo che si ritiene un dio, che distrugge, travalica, uccide, in nome della sua superiorità e quando si rende conto dei suoi limiti, costruisce tutto un mondo immaginario comodo a ricucire gli strappi.» La vanità della spada, l’occhio arrogante del cigno che ti guarda altezzoso, che quasi ti sfida a essere giudicato. Lui è il dio, è sopra ogni giudizio, le sue azioni resteranno impunite, è l’uomo padrone di tutto e come il cigno avanza, tranquillo e sicuro tanto tutto il creato gli appartiene. «Il tuo artista non ti risponderà se gli hai chiesto il significato della sua opera. Non c’è domanda più idiota da fare a un artista.» «Comunque è bravo?» Ma Victor si era già messo dietro il cavalletto e aveva ripreso a dipingere. Per quel giorno aveva parlato già troppo. Sono rimasta un’altra mezz’ora a giocare con Leda poi sono tornata a casa, devo cercarmi un nuovo lavoro altrimenti la situazione diventerà sempre più critica. Non so se Victor ci ha preso e né voglio da te una conferma, ho capito di essermi comportata come una piccola deficiente. La tua opera però mi ha intricato molto, vorrei vedere altri tuoi dipinti, puoi spedirli o indicarmi il sito dove posso visualizzarli? Ti auguro una buona giornata e spero che in Italia non piova e non faccio così freddo.