Londra, 20 novembre 2012

Londra, 20 novembre 2012 Egregio artista, è passata da poco la mezzanotte e posso dire di aver terminato una giornata abbastanza soddisfacente. Ho ripreso finalmente il mio ultimo romanzo e tranne l’uscita di stamattina per portare la colazione a Victor e un paio di soste per rifocillarmi, non mi sono schiodata dal mio lavoro. Sto raffinando la figura di Mengele, il medico nazista e ufficiale tedesco delle SS cui si rifà il personaggio fuori di testa del mio romanzo. Non so se hai avuto occasione di soffermarti su questa inquietante figura storica. Il suo nome era Josef Mengele ma era tristemente noto come l’angelo della morte. Ha condotto tutta una serie di esperimenti pseudoscientifici sui deportati ebrei e sugli zingari nel campo di concentramento di Auschwitz. Il soprannome indicava sia l’aspetto negativo della sua personalità, caratterizzata da una crudeltà spietata e dalla totale assenza di rimorso, sia quello positivo, perché alcuni prigionieri che lui prendeva sotto protezione, di fatto evitavano la camera a gas. Aveva creato all’interno del campo un vero e proprio centro di studi, una parodia di un istituto scientifico tedesco, circondandosi di un’equipe di medici prigionieri che lo aiutavano nel suo lavoro. Arrivò a studiare e torturare fino alla morte tremila persone, per lo più bambini e adolescenti, focalizzando la sua attenzione soprattutto sui gemelli. Questi subivano ogni sorta di sperimentazione e misurazione, tentò trasfusioni incrociate, analizzò e studiò fino all’ossessione la composizione del loro sangue e, soprattutto, cercò di modificare il colore degli occhi iniettando un liquido micidiale, il metilene blu. Gli esperimenti furono crudeli e inutili, provocando solo atroci sofferenze e la perdita della vista. Aveva una vera e propria ossessione per i bambini affetti da eterocromia, questi erano trattati con maggior riguardo, alloggiati in sistemazioni più comode e nutriti in maniera più adeguata. Grazie alla loro anomalia visiva e alla macabra curiosità che essa suscitava nella mente malata di Mengele, molti di loro riuscirono a sopravvivere all’orrore. Ho letto le testimonianze dei sopravvissuti e fanno venire la pelle d’oca. Tutti in quella baracca vivevamo la stessa situazione e gli stessi stati d’animo, ognuno di loro era stato tolto alla propria famiglia e rinchiuso in quella sorta di asilo degli orrori. Li avevano messi lì senza dargli nessuna spiegazione, quelli un po’ più grandi, stiamo parlando di non più di dodici anni, avevano cominciato a far circolare la voce che presto sarebbe arrivato l’angelo della morte, con il suo camice bianco, a decidere chi doveva vivere e chi morire. I bambini erano molto spaventati e prima ancora di conoscerlo già gli avevano dato un’immagine terrificante e crudele. Quando lo vedevano per la prima volta, restavano sorpresi, il dottor Mengele aveva davvero una faccia d’angelo, era vestito elegantemente, parlava in modo calmo e rassicurante. L’uomo che si ritrovavano di fronte aveva più l’aria di un padre, buono e comprensivo, affettuoso e sorridente, insomma non somigliava per niente a un assassino. Indossava un camice immacolato, scarpe eleganti e tirate a lucido, pantaloni di tessuto morbido e alle mani aveva un paio di guanti bianchi. Li faceva mettere in fila e li osservava scrupolosamente guardandoli dritto negli occhi. Mostrava una sorta di giocosità nel suo distacco, camminando avanti e indietro con un’espressione allegra sul viso, come se si divertisse. Quando un bambino si trova a vivere un incubo è capace di aggrapparsi a qualsiasi cosa. Erano così terrorizzati e soli che alcuni di loro finirono addirittura per affezionarsi a Mengele. Lui si recava spesso a far visita ai bambini, a volte portava caramelle, cibo, piccoli giocattoli, altre volte se ne caricava in macchina un paio e li portava fuori a fare delle escursioni. Era ossessionato dall’ordine, ogni cosa doveva essere al suo posto e poteva passare da un atteggiamento di calma assoluta a improvvise esplosioni di rabbia se solo si accorgeva che qualcosa non andava secondo le sue regole. Aveva una doppia personalità, la prima era solare e affascinante, l’altra tenebrosa a crudele. Con i bambini non si dimostrò mai violento, anche quando li visitava, mostrava un rispetto riservato, non li ha mai toccati se non per motivi di studio, e aveva sempre quella maniera carezzevole di guardarli. Nulla di morboso, in un ambito diverso si sarebbe potuta definire paterna, amorevole … in fondo al loro cuore di bimbi, però, sentivano che non potevano fidarsi, nel suo affetto c’era un retrogusto aspro, nauseante, che odorava di carne marcita e di morte. Loro erano le sue cavie da laboratorio e li curava e li nutriva perché potessero essergli utili nei suoi studi. Un uomo pericoloso, attraente e pieno di fascino, come solo il diavolo sa essere. Mengele in un ambito storico differente non sarebbe mai stato smascherato, avrebbe tenuto ben nascosta la sua follia, alimentando le sue ossessioni in maniera clandestina. Queste sono personalità brillanti, accattivanti, si circondano di persone che nutrono per loro stima e devozione, si creano un alone di rispettabilità che li rende inattaccabili, lontani da ogni sospetto. Sono abili manovratori, crudeli, spietati e … pericolosissimi. Spero di non averti rattristato con questa vecchia vicenda, magari la conoscevi già, ormai è diventata storia. Per il mio romanzo ho tratto spunto dall’ossessione del medico nazista per l’eterocromia, ma non voglio dirti altro anche perché ci sto ancora lavorando e poi spero di poterlo terminare e spedirtelo sperando che tu gli dia un’occhiata. Sarebbe bello pensare che almeno una persona, oltre alla sottoscritta, abbia letto una delle mie opere. Ti auguro una buona nottata.