Londra, 19 novembre 2012

Londra, 19 novembre 2012 Egregio artista, la settimana trascorsa è stata molto difficile, ho dovuto fare delle scelte e non so ancora in che maniera la mia vita cambierà. L’evento decisivo si è verificato giovedì sera, quando sono tornata a casa stanca morta per essere stata in piedi a servire ai tavoli per otto ore di fila. Volevo solo mettermi a letto e dormire, il giorno dopo mi aspettavano altre otto ore di lavoro e poi c’era il fine settimana, le previsioni annunciavano pioggia e i londinesi si sarebbero tutti rintanati nei pub. Prima di salire ho controllato la cassetta della posta recuperando un grosso plico inviatomi dalla casa editrice cui, circa un mese fa, avevo spedito il mio primo romanzo per farlo analizzare. Con il cuore in gola mi sono precipitata in casa convinta che finalmente qualcosa si stava muovendo e quando ho iniziato a leggere la lettera di accompagnamento, quasi ci credevo davvero. La casa editrice era stata notevolmente impressionata dal mio lavoro, la mia opera era valida e poteva essere pubblicata, c’erano sole delle piccole condizioni e qui il mio cuore aveva avuto un attimo di cedimento. Non voglio portarla per le lunghe, sarebbe doloroso e non servirebbe a niente, insomma mi chiedono tremila euro per affrontare i costi di pubblicazione e di pubblicità, circa il doppio di quanto avrei speso rivolgendomi a una qualsiasi tipografia londinese. Ho allontanato la lettera disgustata, probabilmente non hanno nemmeno letto il libro, hanno solo contato le pagine e consultato le loro tabelle per verificare quanto un lavoro del genere potesse costare e quanto dovevano richiedere per avere un margine di guadagno. Scoraggiata e delusa sono uscita da casa diretta al parco. Erano le nove di sera e probabilmente Victor era già andato via, ma avevo bisogno di prendere aria e di smaltire la rabbia. Il parco era silenzioso e quasi deserto, lungo il viale che conduce al lago, ho incontrato la vecchia matta che giornalmente porta da mangiare ai cigni, delle anatre e dei passeri se ne frega altamente, lei ama solo i cigni. In genere l’incontro la mattina, evidentemente torna anche di sera, solo che non l’ho mai vista perché non è mia abitudine recarmi al parco in quell’ora. Ancor prima di arrivare al lago ho visto Leda venirmi incontro tutta festosa seguita da Victor che avanzava un po’ impacciato dal peso del cavalletto, della borsa e dell’ultima tela su cui probabilmente aveva appena finito di lavorare. Da sotto il cappellaccio che usa per ripararsi sia dalla pioggia sia dal sole, ho intravisto i suoi occhi scandagliarmi, scrutatori e curiosi, poi, visto che non mi decidevo a parlare, si è accasciato sulla panchina più vicina, liberandosi dei suoi fardelli, aspettando paziente una spiegazione a quella mia visita insolita. Ho parlato per una buona mezz’ora, gli ho raccontato tutto, delle ore passate a scrivere le mie storie, dei miei sogni, delle mie speranze, della volontà sconfinata che occorre per rimettersi a scrivere dopo otto ore di lavoro manuale, della solitudine, della nostalgia di casa, della paura che mi coglie all’improvviso quando mi assale il dubbio di aver fatto la scelta sbagliata e di sprecare il mio tempo a seguire un progetto che esiste solo nella mia testa. Aveva ascoltato in silenzio con le mani abbandonate in grembo e lo sguardo abbassato su Leda che sonnecchiava ai suoi piedi. Alla fine aveva sollevato lo sguardo e mi aveva guardato dritto negli occhi. «Hai dato un’interpretazione all’opera del tuo artista?» L’avevo osservata confusa, non era di quello che volevo parlare. Avevo comunque annuito. «Che cosa è venuto fuori dalle tue riflessioni?» Mi sono sforzata di ritornare con la mente al tuo quadro cancellando tutto il resto. Gli ho raccontato del riferimento con il blocco marmoreo ritrovato a Roma, dei due liberti, della lumaca e della figura femminile che per me rappresentava la città eterna. Ha sorriso soddisfatto. «Mi mancava il riferimento al monumento sepolcrale, non ero riuscito a capire la scritta che si celava in quella vecchia pietra.» È rimasto qualche minuto a riflettere poi si è messo a rovistare nella sua borsa recuperando alla fine la stampata del tuo quadro. L’ha orientata quanto più possibile in direzione della luce del lampione ed è rimasto ancora qualche minuto in assoluto silenzio. Alla fine, quando ha sollevato lo sguardo, i suoi occhi guardavano me ma la sua mente era ancora persa a elaborare le informazioni. «I liberti nell’antica Roma erano quelli che, dopo essere stati schiavi, riacquistavano la libertà, anche se poi rimanevano sempre in qualche maniera assoggettati al padrone. Sì, forse la lumaca potrebbe rappresentare il lavoro paziente e indefesso compiuto dai due per affrancarsi dalla schiavitù … c’è poi quel pezzo di stoffa rossa … più che un pezzo di stoffa, dà la sensazione di qualcosa di più morbido e prezioso. Se non ricordo male, in quel periodo storico era consuetudine onorare i trionfatori con un drappo rosso, di questo non sono molto sicuro, bisognerebbe riprendere in mano alcuni testi … ma se la memoria non m’inganna, quello sulla sinistra è un drappo rosso e se la donna ha lo sguardo rivolto proprio verso quel punto potrebbe simboleggiare una sorta di omaggio ai due liberti, quasi un voler rendere loro giustizia.» «Quindi concordi con me quando affermo che la donna potrebbe rappresentare Roma?» «Verosimile e possibile ma non sicuro.» A quel punto mi aveva sorriso e i suoi occhi si erano fatti ancora più brillanti sotto la gialla luce del lampione. «Quando ci si trova di fronte ad un dipinto, si possono solo azzardare delle ipotesi, solo chi l’ha eseguito sa che cosa ci ha messo dentro e spesso nemmeno l’artista ha pienamente coscienza di ciò che sta realizzando. Se come dici tu, la donna rappresenta Roma, non a caso è stata posta davanti a un campo di grano, simbolo dell’abbondanza e della rinascita, nonché della ricchezza e della fertilità. La sua importanza, la sua magnificenza, la riconosce, però ai due liberti, è a loro che dà il cuore che è poi il punto focale di tutto il quadro. I due liberti con la loro morte non possono aspirare alle vette più alte del cielo, quelle sono appannaggio degli imperatori, però morendo sulla terra, così come il chicco di grano non raccolto, generano nuova vita e dal loro seme nascerà un germoglio e poi una spiga. La donna ha la testa piegata, i capelli raccolti sulla nuca, mostra il collo vulnerabile, potrebbe essere Roma che si dona al suo popolo e riconosce in esso la sua enorme ricchezza.» Si era alzato dalla panchina recuperando il suo bagaglio mentre ero ancora persa a riflettere su quanto mi aveva detto. «Oggi tu sei triste e amareggiata, senti di valere tanto ma nessuno sa apprezzare il tuo tesoro. Ti è crollato il mondo addosso solo perché una casa editrice non si è dimostrata all’altezza del suo compito. Che importanza può mai avere. Il mondo è pieno di opportunità, se proprio le cerchi, ma non è quello che deve spingerti a lavorare e ad andare avanti. Devi fare come la lumaca, lenta e costante, avanzare con il tuo bagaglio di estro e creatività, preoccupandoti soltanto di raggiungere il luogo dove vuoi arrivare. Il tuo obiettivo quando scrivi è quello di sprigionare la fiamma che arde dentro di te, non è certo quello di veder pubblicato il tuo libro, altrimenti è meglio che dedichi la tua vita a qualcos’altro. A proposito, quel tuo lavoro … devi ridimensionarlo, non puoi lavorare otto ore al giorno e poi pretendere di avere la mente fresca per scrivere. Perché sei venuta qua a Londra? Per servire ai tavoli di un pub? Tanto valeva che te ne rimanevi a casa! Tirati su, datti una scrollata, se hai dentro di te qualcosa di grande e prezioso, il mondo abbasserà lo sguardo, ti mostrerà il collo e ti renderà onore.» L’ho visto sparire in un attimo, assorbito dalla nebbia e dalla notte, quasi un’immagine surreale e forse stavo davvero sognando. Sono tornata a casa, ho buttato la proposta editoriale nella parte più profonda della pattumiera e il giorno successivo ho affrontato il titolare del pub dicendogli che, se gli stava bene, potevo lavorare solo i fine settimana. Ha accettato e ora ho un sacco di tempo per scrivere e per tirarmi su.[singlepic id=1 w=320 h=240 float=]