Londra, 19 dicembre 2012

Londra, 19 dicembre 2012 Egregio artista, è trascorsa quasi una settimana da quando mi hai inviato i tuoi due dipinti. Scusami ma questa volta c’è voluto più tempo, i lavori da analizzare sono due e soprattutto il primo è stato molto avvincente sia per me sia per Victor. Il titolo “vanitas vanitatum et omnia vanitas” mi ha subito incuriosito, si trattava di una locuzione latina ma mi sfuggiva il significato e la fonte da cui è tratta. Molto intrigante è anche quella sigla sul lato sinistro del quadro, uno dei tre punti focali, e per quanto tu abbia cercato di renderla poco evidente è proprio lì che sono caduti i miei occhi. Q 7:26 … lasciando stare per il momento i numeri mi sono concentrata su Q. Qualche anno fa ho letto con molto piacere un libro di Luther Blisset intitolato per l’appunto Q e mi ha così colpito che ho cercato quante più informazioni possibili su questo scrittore. Sono rimasta molto sorpresa nello scoprire che dietro questo nome si celano quattro scrittori residenti a Bologna, il romanzo quindi è scritto a più mani e da scrittori fuori dal comune. Queste cose probabilmente già le conosci come sicuramente saprai che i quattro di cui sopra, con il loro libro erano arrivati al quarto posto del Premio Strega, loro però l’hanno rifiutato asserendo che quel concorso era tutta una farsa e già si sapeva a chi sarebbe andato il primo premio. Tornando al tuo dipinto sono convinta che quella sigla messa di lato c’entri in qualche modo con il romanzo. Mi sono fermata qui, ho recuperato il libro “Q” e mi sono recata al parco per sottoporre il tutto a Victor. Ovviamente conosceva già quel libro ma si è preso due giorni buoni per riflettere requisendomi l’immagine del tuo quadro e lasciandomi il libro, a casa aveva la sua copia, scritta per altro in inglese e non in italiano come la mia. Nel frattempo ho approfittato per ridare un’occhiata al libro, anche se lo ricordavo ancora piuttosto bene. È la storia di un avventuriero che attraversa l’Europa, nella prima metà del Cinquecento, percorrendo conflitti imperiali, sociali, economici e religiosi. Il protagonista ha molti nomi, alcuni critici lo chiamano Il Giusto e ha come unico e importante antagonista il famigerato Q, frate spia e braccio armato di Carafa che è poi l’anima grigia della Chiesa del Cinquecento. Gli avvenimenti sono molteplici. Si va dalla ribellione anabattista di Munster alla grande truffa ai danni dei Fugger, alle vicende del Papa in Italia. Tutto è vero, tranne i due protagonisti (Il Giusto e Q) e la trama che serve da collante nel romanzo. La discussione che ne è nata qualche giorno dopo con Victor è stata fantastica! Era una splendida giornata, una di quelle rare volte in cui il sole riscalda anche a dicembre e il parco londinese era allegro e pieno di vita. Tutto questo ci toccava solo marginalmente, Victor ed io eravamo seduti sulla solita panchina, gli occhi e la mente rivolti verso quel meraviglioso periodo storico che è stato il Cinquecento. Come sempre Victor parlava ed io m’incantavo davanti alla sapienza e alla conoscenza di quella grande mente. «Come tutti i quadri anche questo può essere osservato a più livelli. Un osservatore distratto potrebbe collegare la locuzione latina alla vanità della donna, bella e tentatrice, ammaliante come un serpente. Qualcun altro penserebbe a Eva, al peccato originale, al diavolo tentatore. Noi che siamo cavillosi andiamo a notare anche quel pezzo di catena che pende da un lato e quell’iscrizione quasi nascosta incisa sul lato opposto». È vero! C’è anche la catena! Non ci avevo badato. Ho cercato di mascherare la sorpresa ma Victor se ne accorto. «La catena ti era sfuggita, non è vero? Eppure dovresti aver imparato che il nostro autore è piuttosto scientifico nel dividere gli spazi e nel collocare i vari punti di lettura. Ma andiamo avanti. Vanitas vanitatum et omnia vanitas è, come hai detto tu, una locuzione latina, vanità delle vanità, tutto è vanità. La costruzione è ridondante, questo tipo di ripetizioni nella lingua biblica ha un valore superlativo, per cui la traduzione letterale della frase sarebbe la più grande vanità, così come il Cantico dei Cantici significa il più bel cantico e il Sancta Sanctorum, il luogo più santo. Questa locuzione è importante e ci riporta a Q perché è con essa che si apre e si chiude il lungo discorso di Qohelet, che occupa i dodici capitoli del libro omonimo. In questo modo arriviamo al libro dei Blisset, dove l’oscuro antagonista del Giusto si firma Q e al libro più sconcertante della Bibbia, l’Ecclesiaste, il cui autore è appunto Qohelet, nome che nella traduzione in greco diventa ekklesiastes, in altre parole Ecclesiaste. Il nostro autore fa quindi riferimento a quest’antico libro nel suo quadro e quei numeri si riferiscono a un passaggio ben preciso.» «Aspetta un attimo! Prima di andare avanti voglio sapere perché consideri l’Ecclesiaste il libro più sconcertante della Bibbia?» «Beh, non ti chiedo di leggerlo, potrebbe esserti alquanto noioso, ti basti solo sapere che in esso trovi la negazione di ogni valore per cui valga la pena di vivere. In questo libro sono contenute un insieme di riflessioni lucide e disincantate sulla vita umana, annotate senza un ordine preciso da un saggio ebreo vissuto verso la fine del III secolo a.C. chiamato Qohelet. L’autore si considera un uomo potente, s’impersona con il grande Salomone che ha avuto tutto dalla vita. Nella sua opera e forte della sua esperienza lancia il suo canto disperato contro l’iniquità e l’insipienza dell’esistenza. Nel Qohelet è esposto, in forma dialettica, l’eterno contraddittorio tra il bene e il male, in altre parole a cosa serve fare il bene o il male se la morte è l’unica conclusione della vita. L’autore suggerisce “abbi fiducia nel Padre e segui le sue indicazioni” perché tutto il resto è Vanitas Vanitatum, tutto non è altro che cosa vana e fatua. Quel 7:26 scritto lateralmente al quadro ci riporta a un punto preciso dell’Ecclesiaste: “Trovo che amara più della morte è la donna, la quale è tutta lacci: una rete il suo cuore, catene le sue braccia. Chi è gradito a Dio la sfugge ma il peccatore ne resta preso”». Victor si era concesso un attimo di silenzio guardando divertito il mio volto sgomento, poi, aveva proseguito. «Hai capito cara giovane scrittrice? La donna era un essere pericoloso e qui stiamo parlando del III secolo a.C.! L’Ecclesiaste contiene messaggi vetero testamentari, scritti prima della venuta di Cristo, dopo Cristo c’è una leggera concessione alla Maddalena, ma per il resto la figura femminile ne viene fuori malamente. Se riconduciamo tutto questo discorso al quadro, notiamo alcune particolarità degne di nota. La donna non è ritratta in una posa sottomessa e umile bensì ha uno sguardo fiero e combattivo, la catena al suo fianco e spezzata e il laccio al lato opposto è inchiodato. Lo stesso serpente che fuoriesce dal suo seno, una parte del corpo che la Chiesa riconosce come materno ma anche scandaloso, non minaccia la donna, tutt’altro, sembra quasi proteggerla. La stessa arma usata contro la donna per denigrarla e ridurla a peccatrice, ora è la donna stessa che se ne impossessa a sua difesa. L’immagine femminile del quadro ridà dignità alla donna, capace di emanciparsi e di reagire a una morale bigotta e ottusa che le è stata da sempre nemica. È la donna moderna e la modernità è rilevata anche dal tipo di sedia su cui siede, non è un modello antico ma è una sedia thonet, relativamente recente e ancora molto in voga. Lo so, anche questo particolare non l’avevi notato, non scoraggiarti, ci vuole allenamento e tu stai facendo progressi». Quest’ultimo commento mi era sembrato un po’ strafottente, per il resto non potevo che rimanere incantata. La storia però non era ancora finita e Victor era ormai pronto alla conclusione. «Questa donna conosce la vanità e sa quanto questa possa essere futile e vana, così come vane sono le parole di Qoelet che nulla hanno potuto togliere alla sua dignità. Alla fine è lei che domina mentre Qoelet si dispera nel suo canto. Per quanto riguarda il bellissimo libro dei Blisset mi viene spontaneo soffermarmi ancora sulla vanità delle cose. Dopo ben seicento pagine di questo racconto storico si ha l’impressione che tutto quello che è accaduto in quegli anni sia stato veramente vano, che forse la vita e le lotte di centinaia di uomini non abbiano un senso. Attraverso il racconto dei due protagonisti emerge lo scontro titanico tra l’ordine e le spinte eversive, tra chi manovra per la conservazione del potere e per controllare e sottomettere popoli e anime e chi lotta per la libertà. L’Ecclesiaste è chi rende vani gli sforzi, il Giusto sta dalla parte di chi ha sfidato l’ordine del mondo. Q è un romanzo che esalta la disobbedienza e la donna del nostro quadro è una disobbediente, una che sfida regole e convenzioni, che nuota contro corrente e alla fine arriva ad avere lo sguardo sfrontato e sicuro che le compete.» Ero rimasta senza parole, possibile che un semplice quadro avesse il potere di lanciare tanti messaggi? Stavo scoprendo un mondo nuovo, potente, finora avevo sempre considerato la scrittura, il mezzo più adeguato per comunicare e invece … La voce di Victor mi aveva riportato al presente. «Oh, non perderci molto la testa. Magari quel Q: 7,26 è soltanto il codice di una cassaforte e il nostro artista ha un amore particolare per i serpenti.» Devo aver fatto un’espressione davvero sbigottita perché subito dopo è scoppiato in una fragorosa risata. «Hai tanto da imparare sugli artisti! Sono esseri stravaganti e spesso si divertono a prendere in giro il prossimo. L’importante in un’opera d’arte non è tanto quello di cogliere il giusto messaggio quanto quello di essere stimolo alla riflessione. Noi ce ne siamo fatti un’idea e ci piace ragionarci sopra. Il quadro ha raggiunto il suo obiettivo. Anche l’altra immagine che ti ha mandato, Hereticus, ci riporta sullo stesso tema. I due quadri sono collegati da un unico discorso, altrimenti perché inviarteli insieme. Il primo collegamento che hai fatto vedendo il primo quadro è stato il libro dei Blisset, un’opera storica ambientata nel Cinquecento. L’altro grosso libro che fa riferimento allo stesso periodo storico è Il nome della rosa, scritto da uno storico di tutto rispetto.» «Certo! Il nome della rosa di Umberto Eco, libro bellissimo, bello anche il film!» «Hanno fatto anche un film?» «Non mi dire che non hai mai visto il film? Ma se l’hanno visto tutti! Vabbe’, lasciamo stare … In effetti, Eco mette in bocca a Ubertino da Casale le stesse frasi dell’Ecclesiaste, più amara della morte è la donna …» «Già e su tutta l’opera incombe l’ombra sinistra dell’inquisizione. Lo stesso Ubertino, se ben ricordi il libro, ma del resto è storia, è guardato dalla Chiesa come un eretico. Gli stessi francescani sono sospetti di eresia, un ordine in seguito riconosciuto e accettato come quello più vicino all’insegnamento del Cristo. In quell’epoca ma ancora oggi, la Chiesa rappresentava una potenza, non solo come strumento di controllo sul popolo, ma era anche e soprattutto una potenza economica. I francescani affermavano che bisogna seguire l’esempio di Gesù, diventare i più poveri tra i poveri, farsi umili e servire il prossimo. E no, la Chiesa questo proprio non lo poteva mandare giù! L’inquisizione doveva servire proprio a contenere questi spiriti ribelli e destabilizzanti e grazie alla sua opera instancabile molte menti eccelse sono state arse sul rogo. Pensa a Giordano Bruno, l’eretico impenitente, che accettò la morte pur di non rinnegare le sue teorie. Lui, come Galilei, fu condannato dall’inquisizione, solo che Galilei ritrattò e rinnegò tutto salvandosi dal rogo, mentre Bruno s’intestardì perdendo la vita.» «Ho letto qualcosa su Giordano Bruno. Era un filosofo che sposò la teoria eliocentrica di Copernico …» «Una roba non di poco conto per la Chiesa. Affermare che il mondo e con esso l’uomo non è più al centro del creato vuol dire cercare rogne! Era una teoria destabilizzante per il popolo, faceva paura, toglieva tutti i punti di riferimento, eppure ciò che impauriva gli altri entusiasmava Bruno, quello era il punto di partenza per ammettere l’infinità dell’universo. L’idea del mondo infinito trasmette il concetto, ben più pericoloso, di un’infinità libertà umana. Se vogliamo, è un concetto veramente gradevole e avvincente … ovviamente non per la Chiesa che vedeva in questo una perdita notevole di controllo sulle masse. La Santa Inquisizione ha risolto il fastidioso problema, anche se per farlo, ci ha impiegato ben otto anni, in fondo Bruno non doveva essere poi così sgradito alla Chiesa, era un fuoriuscito e gli hanno concesso un margine inconsueto per abiurare. Galileo Galilei è stato più furbo, pur sapendo che le sue teorie erano esatte si è reso conto che i tempi non erano ancora maturi e non avendo la vocazione del martire ha preferito rinnegare e ritornare all’ovile.» «Quello doveva essere davvero un periodo storico interessante …» «Interessante e difficile ma a noi interessa per dare un’interpretazione al secondo quadro, l’hereticus. La donna ricorda senza dubbio il diavolo, il piede caprino che fuoriesce dalla veste ne è una dimostrazione lampante. Al suo fianco c’è un astrolabio, l’antico strumento usato per misurare le distanze tra i pianeti e da sempre, quest’oggetto è collegato alla figura di Galilei. Sul lato opposto c’è quella sfera che ricorda vagamente la figura della terra, vista, però in maniera confusa, alterata, così come si conosceva prima di Copernico. Altro non ci serve, il messaggio che viene fuori dai due quadri è quello del coraggio di osare, si esalta il dono insito in tutti noi della disobbedienza e questo non solo in campo religioso. Mettersi contro l’ordine costituito, discutere e non accettare passivamente ogni regola che la morale impone, è un’impresa ardua ma è la molla che fa scattare il progresso.» «Mamma mia, è un discorso che ha un fascino irresistibile!» «Sì e se lo segui, ti cambia la vita. Attenzione, però, il rischio è rimanere soli ma spesso la solitudine diventa un’alleata preziosa per la mente. Ora basta, devo continuare a dipingere e tu devi riprendere a scrivere, non perdere il tuo tempo dietro alla mente bislacca di quest’artista bisbetico.» Ancora una volta il discorso si era concluso e Victor aveva ripreso il suo pennello ricominciando proprio lì dove si era fermata la sua ultima pennellata. Avevo sorriso compiaciuta e soddisfatta, gli avrei dato un bacio su quella testa dura ma ovviamente non ne feci niente. Prima di allontanarmi però non ero riuscita a trattenermi e gli avevo bisbigliato. «Sei la persona più affascinante che abbia mai incontrato.» Victor non si è voltato, forse ha fermato per un attimo il pennello, solo una frazione di secondo, e poi ha ripreso a dipingere.